Il cambiamento in senso meritocratico della societa' non arrivera' dall'alto, ma dipendera' dalla volonta' di tanti nostri concittadini di farsi apertamente e trasparentemente Campioni del merito.


In tutte le società più avanzate il sistema educativo è la leva chiave per realizzare uno dei due valori chiave della meritocrazia, le pari opportunità.

“Educazione” viene dal latino e-ducere, “estrarre” (il meglio da ogni individuo e i migliori dalla massa). Nelle società che nel secolo scorso hanno scoperto la meritocrazia, ciò ha significato che la “higher education” (andare all’Università) fosse concessa a coloro che se lo meritavano per le proprie qualità intrinseche e non per la famiglia di origine. I migliori andavano all’università e i “migliori dei migliori” si laureavano nelle università di eccellenza, come quelle della Ivy League e Oxford e Cambridge.

Le economie emergenti degli ultimi anni hanno invece puntato su un’altra strategia: avere una scuola primaria e secondaria di qualità eccellente per creare le pari opportunità e selezionare i migliori da mandare nelle università di eccellenza di altri paesi, nell’attesa che ne nascesse una a casa loro. Quindi, mentre USA e Regno Unito hanno le migliori università del mondo, le migliori scuole primarie e secondarie si trovano oggi a Singapore, in Finlandia, in Corea del Sud, in Canada e a Hong Kong.

Il sistema educativo italiano ha fallito in maniera drammatica nel suo compito di leva chiave delle pari opportunità e della mobilità sociale, un altro valore essenziale della meritocrazia. Ciò è avvenuto proprio perché i valori del merito sono spaventosamente assenti nella classe dei docenti italiani, che si tratti di insegnanti delle scuole primarie e secondarie o di docenti universitari.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti. L’Italia non ha nessuna università di eccellenza, neppure al Nord, dove il livello di reddito pro-capite lo giustificherebbe, mentre le scuole primarie del Sud sono pessime, come dimostrano i risultati dei test PISA (peraltro neppure quelle del Nord eccellono).

La laurea come “ascensore sociale” è fallita miseramente. A laurearsi sono i figli dei più abbienti, i tassi di abbandono sono a livello record e la riforma 3+2, che avrebbe dovuto aumentare il numero di laureati triennali da inserire nel mondo del lavoro, è miseramente fallita. In Italia mancano almeno 100.000 laureati, e oltretutto quelli che si laureano non si inseriscono con successo nel mondo del lavoro e si ritrovano troppo spesso sottooccupati e sottopagati.

Nessuna riforma della pubblica istruzione ha sinora affrontato la causa di fondo di questa silenziosa e fatale catastrofe: la mancanza di meritocrazia dovuta alla totale assenza di valutazioni trasparenti e oggettive della qualità degli insegnanti. Un 100 alla maturità in un liceo non è necessariamente meglio di un 70 in un altro, e i pessimi risultati degli studenti del Sud nei test PISA in matematica non si riflettono nei voti assegnati dagli insegnanti, che invece sono più che accettabili, a livello di quelli del Nord.

Lo stesso vale per le università, dove i 110 e lode oggi fioccano e sono tutt’altro che un simbolo di selezione ed eccellenza.

Tutto il sistema educativo italiano sembra ormai orientato a eliminare la trasparenza sul rendimento degli studenti, a partire dagli stessi genitori che privilegiano un voto positivo non meritato piuttosto che un’insufficienza meritata, per finire con gli insegnanti che, di fronte ai rari tentativi dell’INVALSI di lanciare test nazionali standard, hanno spesso sabotato pubblicamente l’iniziativa, suggerendo le risposte agli studenti, nel timore che risultati negativi sarebbero stati interpretati come conseguenza del loro scarso merito di insegnanti. Tale preoccupazione è peraltro più che giustificata, perché è ormai dimostrato che la qualità di ogni sistema educativo dipende dalla qualità degli insegnanti, e non da quanto si spende e dalla dimensione delle classi.

L’impossibilità di misurare la qualità dell’insegnamento elimina qualunque forma di incentivo a migliorare, perché i fondi pubblici arrivano in funzione di quanto si è speso sino a quel momento, e non della performance di una scuola o di un’università. La “accountability” (responsabilizzazione) di insegnanti, Presidi e Rettori è impossibile. Per quanto concerne, i Rettori la governance italiana è unica al mondo, perché vengono scelti dagli stessi docenti che essi dovrebbero valutare.

E’ a causa di tutto ciò che la seconda proposta contenuta in Meritocrazia è quella di lanciare un processo di testing nazionale standard (per matematica e italiano) degli studenti di elementari, medie e liceo, per potere avere delle misure oggettive del merito degli studenti e conseguentemente dei docenti e delle scuole. Si potrà così sapere quali scuole e quali insegnanti hanno bisogno di aiuto e focalizzare lo sforzo di formazione degli insegnanti; i genitori potranno avere informazioni trasparenti sui migliori insegnanti e sulle migliori scuole. L’obbiettivo potrebbe essere un drastico miglioramento dei test PISA 2012, soprattutto per il Sud.

Avere un sistema di testing efficace (come in tutte le società più avanzate) permetterà di focalizzare i finanziamenti su pochi atenei di eccellenza tra i 70 “aspiranti MIT e Harvard” italiani, assegnando agli studenti che hanno avuto i migliori risultati ai test della fine delle superiori dei voucher da spendere nelle Università, che inevitabilmente saranno quelle di eccellenza. Si otterrà finalmente un “quasi libero mercato” e si innescherà una concorrenza tra gli atenei, che concorreranno per i migliori docenti, ovvero quelli che attraggono i migliori studenti. Si realizzerà così anche la necessaria separazione tra poche università d’eccellenza, che offriranno didattica e ricerca, e le università di sola didattica, che cercheranno di formare laureati triennali pronti per inserirsi nel mondo del lavoro grazie a una didattica meno orientata a un nozionismo fine a se stesso e più all’intelligenza emotiva (un corso in meno di finanza o chimica, e più formazione per imparare a ragionare, risolvere problemi, comunicare e interagire con gli altri).

Sarà essenziale una profonda riforma della governance delle università: il Rettore dovrà essere scelto e valutato da un Consiglio di amministrazione con un presidente di nomina esterna.

Stiamo parlando di una rivoluzione epocale e cruciale, il cui fattore chiave di successo è l’eccellenza della leadership che la guiderà, il supporto politico su cui si potrà contare e una delivery unit di giovani eccellenti dedicati a realizzare un nuovo sistema di testing nazionale e a mobilitare il supporto ed il controllo alle scuole in maggiore difficoltà.

Roger Abravanel